Anniversari. A lezione di libertà con Gianni Rodari

A 100 anni dalla nascita e a 40 dalla morte, lo scrittore sarebbe stato al centro della Fiera di Bologna con l’idea di farlo riemergere da cliché riduttivi e sminuenti. A colloquio con Pino Boero
Gianni Rodari
Gianni Rodari
da Avvenire
Sarebbe stato festeggiato alla Fiera del Libro per ragazzi di Bologna, e non solo, perché questo 2020 con tre anniversari pieni a lui era dedicato. A cento anni dalla nascita, a cinquanta dall’assegnazione del prestigioso Premio Andersen e a quaranta dalla morte, per ricordare Gianni Rodari ci sarebbero stati convegni, letture, spettacoli, mostre, concorsi e premiazioni. Incontri ora con tanti punti interrogativi per riportare in primo piano, e in qualche modo risarcirlo, un autore variegato, troppo a lungo collocato con superficialità al- l’interno di una letteratura considerata di serie B.
Dentro quello stereotipo di bizzarro e divertente autore di filastrocche e di favole moderne per bambini, che certo non lo rappresentava in toto, anche se in questo ambito ha dato il meglio di sé. Rodari era molto di più. «Un intellettuale raffinato e completo, a tutto tondo, che ha vissuto i rivolgimenti, le crisi e le speranze del secolo scorso, prodotto testi per bambini, ma che in virtù del mestiere di giornalista ha scritto brillantemente di temi di politica e di problemi sociali, di attualità, di scuola e pedagogia, di letteratura, filosofia e di arte».
Uno sperimentatore con la passione per la la parola e la scrittura. Pino Boero, già docente di Letteratura per l’infanzia e Pedagogia all’Università di Genova, da una vita appassionato studioso di Rodari (è in uscita per Einaudi Ragazzi una nuova edizione del suo Una storia, tante storie. Guida all’opera di Gianni Rodari) ne racconta il bagaglio culturale di tutto rispetto, le letture formative, la lezione illuminante del surrealismo francese, la sensibilità artistica, il carattere schivo e riservato, persino tormentato ma non privo di entusiasmo. E ancora la convergenza dell’impegno civile e del pensiero libero con la scrittura per bambini in una visione di rinnovamento sociale in cui non sono estranee le voci dell’infanzia. Quelle che devono tornare al centro dell’attenzione degli adulti. «È la chiave di lettura delle sue favole e filastrocche – spiega Boero – il bambino al centro da guardare non più dall’alto al basso ma da osservare al suo stesso livello con uno sguardo rispettoso e ascoltare con quell’orecchio acerbo proprio come racconta il vecchio signore, protagonista della nota poesia che ha mantenuto un orecchio bambino per capire le voci che i grandi non stanno mai a sentire e capire anche i bambini quando dicono cose che a un orecchio maturo sembrano misteriose».
I temi della centralità dell’infanzia e dell’immaginazione, del rispetto per l’altro e per ogni diversità, della partecipazione solidale, della libertà dai pregiudizi coniugati a una scrittura ironica e lieve attraversano tutte le raccolte di Rodari, dalle Favole al telefono a Filastrocche in cielo e in terra a La torta in cielo, per citare solo le più note, «dove non c’è mai una morale a priori da mettere in rima o trasformare in storia – continua Pino Boero – ma dove accanto alla vita vera che irrompe nel mondo della fantasia sempre traspaiono la tensione civile, la sensibilità e la tolleranza di chi considera la parola uno strumento di libertà e democrazia e l’arte con il suo linguaggio universale un ponte tra culture diverse».
Ma dove nulla è mai casuale o occasionale. I bambini sono il suo pubblico, per loro porta la vita vera dentro la poesia; spesso li incontra e li coinvolge come succede con La torta in cielo, nata dalla collaborazione con la classe della maestra Maria Luisa Bigiaretti nella scuola della borgata romana del Trullo. Maestro lui stesso per un breve periodo in gioventù, formato dalla militanza nel Movimento di cooperazione educativa di Celestino Freinet, sulla scia di Mario Lodi e Bruno Ciari, Rodari crede alla serissima scuola del fare e della partecipazione, non autoritaria, liberata dal tema prescrittivo e dalla rigidità della valutazione, piena di testi prodotti sul lavoro fatto insieme. La scuola seria dove si impara dagli errori e perché c’è una comunità che lavora sodo, legge tanto, fa ricerca e conta sull’esercizio della creatività come strumento di democrazia. La scuola in cui ci si educa alla vita e più ancora alla passione per la vita e la verità. Dove bisogna imparare a fare le cose difficili. «È difficile fare cose difficili: – ammoniva – parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco. Bambini, imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi».
Punto fermo, sintesi delle sue riflessioni sui meccanismi dell’invenzione fantastica, sull’arte di inventare storie, sulle regole del processo creativo, binomio fantastico di due parole solo apparentemente alternative «La Grammatica della fantasia – conclude Boero – è il segno della cultura alta di Rodari, della sua capacità di consegnarci, con l’unica preoccupazione che non venisse trasformata in un banale ricettario, un Artusi delle favole, una lezione di grande profondità attraverso un linguaggio semplice fondato sul valore liberatorio dalla parola». «Tutti gli usi della parola a tutti – scriveva Rodari – mi sembra un bel motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siamo artisti, ma perché nessuno sia schiavo».

Scuola, il valore aggiunto della comunità

di  don Lorenzo Celi direttore dell’Ufficio di pastorale dell’educazione e della scuola, Diocesi di Padova

Il meteorite Covid-19 sta impattando non poco anche sul nostro sistema scolastico: l’universo più o meno ordinato della scuola italiana, a partire dalle sue decennali scadenze, è stravolto da questo evento epocale. Come ogni cambiamento, esso determinerà la perdita di alcune caratteristiche che sembravano essenziali, ma permetterà di recuperarne altre forse dimenticate e di scoprirne di ulteriori. Per obbligo di brevità mi soffermo su tre aspetti che, spero, si stiano (ri)scoprendo: La scuola è una ricchezza per il nostro paese, per ogni paese, e chi nella scuola lavora dovrebbe avvertire, insieme alla grande responsabilità che gli compete, il riconoscimento da parte dei propri concittadini di un compito umano e sociale fondamentale che si affianca (non può mai sostituirsi) a quello prioritario della famiglia: educare. L’oggetto dell’educare: la scuola non è semplicemente trasmissione enciclopedica di dati o luogo di confezionamento di competenze. Essa ha come fine l’educare alla vita, aiutando il giovane a porsi le domande più profonde su di essa e accompagnandolo a trovare delle risposte significative. Lo stile del fare scuola: non mi era mai capitato di cogliere, trasversalmente, dal bambino di quattro anni all’adolescente di diciotto come anche dal docente maturo il desiderio di poter tornare presto a scuola. Ciò che manca di più è il valore aggiunto della comunità, fatta di relazioni, di regole, di condivisione di successi e di sconfitte, di confronto con il “tu” prossimo del compagno o con quello asimmetrico dell’insegnante. Ciò che insomma non può essere sostituito dalla “didattica a distanza”, per quanto efficienti siano le tecnologie e avanzate le tecniche di trasmissione. Peccato che per riesumare dall’oblio l’attenzione per la scuola e il suo compito si sia attesa una tragedia così grande. Ci auguriamo che, quando l’avremo superata, tutto non ritorni come prima… anche nella scuola!

(segnalazione web a cura del Prof. Giuseppe Serrone)

Ripensare la scuola senza perdere di vista l’educazione

di Sergio Cicatelli

In questi giorni di forzato isolamento molti insegnanti si stanno dando da fare con la tecnologia per colmare il vuoto didattico imposto dal Coronavirus. Dappertutto la parola d’ordine è stata la didattica a distanza, nel presupposto – tutto da verificare – che la scuola sia essenzialmente trasmissione di sapere e che dunque, nell’impossibilità di una comunicazione verbale in presenza, un’identica comunicazione verbale da remoto possa assicurare ugualmente il servizio scolastico. Soprattutto da parte del Ministero questa sembra essere stata la strategia fondamentale (o unica), con la ricerca di fondi per fornire ai tanti alunni che non dispongono di un pc o tablet personale il necessario strumento tecnologico. Ma il tablet non basta se poi non si ha una connessione minimamente stabile e veloce e non si conoscono gli strumenti e le regole della comunicazione on line (anche da parte degli insegnanti). Improvvisamente ci si è accorti che molti insegnanti sono veri “eroi” alla pari di medici e infermieri per la dedizione con cui trascorrono ore al computer per incontrare ogni giorno i propri alunni (ben al di là dell’orario di servizio), ma tanti altri docenti sono privi di esperienza e si trovano persi in un’aula virtuale e senza la loro cattedra. Se molti, a cominciare dai vertici, si sono lanciati alla ricerca di soluzioni emergenziali per dimostrare di saper fronteggiare una situazione cui si era oggettivamente impreparati (non solo nella scuola), altri – pochi – si sono accorti che il blocco improvviso può essere l’occasione per fermarsi a pensare alla natura del lavoro scolastico, spesso associato a routine acriticamente ripetute che impediscono di rispondere alle domande più elementari: che cos’è la scuola? come si fa scuola? cosa è indispensabile per poter parlare di scuola? perché, per gli alunni, andare a scuola? Partiamo proprio da questa ultima domanda, che presuppone implicitamente che a scuola si debba “andare”, cioè che ci si debba spostare dalla propria casa per recarsi in un altro luogo fisico deputato all’apprendimento formale. Ebbene, l’emergenza sanitaria ci ha fatto capire che non è affatto necessario “andare” a scuola ma la scuola può venire a casa mia: la scuola non è fatta dalle mura, dalle aule, dai banchi e dalle cattedre, ma dalle persone che la vivono e dalle relazioni che la fanno esistere. La scuola è essenzialmente relazione educativa. L’educazione ha bisogno di vicinanza I fanatici delle nuove tecnologie esulteranno allora perché si riesce così a dimostrare che con gli strumenti adatti si può tenere in vita la scuola anche se ognuno è confinato a casa propria e nessuno è più in grado di “andare” a scuola. Gli insegnanti, forse, si stanno accorgendo di “essere” la scuola, perché anche da casa riescono a svolgere il proprio lavoro, utilizzando una forma di smart working solo pochi mesi fa inimmaginabile: c’è chi starà apprezzando la comodità di lavorare dal divano di casa e chi si domanda addirittura se sia possibile prolungare questa comodità quando riapriranno i portoni delle scuole. Ma c’è anche una riflessione pedagogica che merita di essere sviluppata ai margini di questa emergenza. Ci siamo sempre ripetuti che non c’è pedagogia senza antropologia: dietro ogni progetto educativo e dietro ogni attività educativa c’è sempre una concezione dell’uomo che si intende far crescere con quella educazione. E la nostra cultura occidentale si è nutrita fin dalle origini della lezione di Aristotele, per il quale l’uomo è, a seconda dei casi, un animale sociale (zòon politikòn, nel senso più alto della politica come conseguenza del vivere nella pòlis, nella città) o un animale razionale (zòon lògon èchon), comunque aperto all’altro. Usiamo anche la categoria della razionalità, perché in realtà Aristotele parlava dell’uomo come di un animale dotato di lògos, cioè di parola, di ragione, di uno strumento che consente di comunicare e mettere in relazione, rendendo dunque l’uomo un’animale concretamente relazionale più che astrattamente razionale. Come possiamo pensare di continuare a educare sulla base di questi presupposti se viene a mancare la condizione di una naturale socialità, momentaneamente surrogata da una relazione artificiale, tenuta in vita da strumenti tecnologici che consentono solo una molteplicità di relazioni individuali ma non possono sostituire la socialità del gruppo umano fisicamente vissuto? Per una scuola cattolica che trova nella dimensione comunitaria la sua ragion d’essere, la modifica delle modalità di relazione non può essere indifferente. E non può esserlo per nessuna scuola, che comunque ha – implicitamente o esplicitamente – il compito di introdurre alla condizione umana, cioè a una relazionalità fatta di incontri, contatti, vicinanza, convivialità, in cui la sfera degli affetti è importante almeno quanto quella cognitiva. Da questo punto di vista, nel virus che si è diffuso nel mondo possiamo vedere qualcosa di “diabolico”, nel senso etimologico del termine, cioè qualcosa che tende a separare e a separarci, proprio per privarci di un bene essenziale: la comunità e l’incontro con l’altro. Per tanti bambini o ragazzi, invece, la dimensione sociale sembra potersi ora realizzare solo in due modi: attraverso i social, cioè con una modalità da tempo condannata come semplice finzione di una vera relazione sociale, o all’interno della propria famiglia, in casa, cioè in una dimensione privata, che vale per ognuno di noi ma che non esaurisce le potenzialità relazionali di cui siamo capaci. Il futuro di una scuola con la mascherina In questi giorni di grande incertezza sul futuro dobbiamo inoltre prendere realisticamente atto della durata verosimilmente piuttosto lunga di questa emergenza. L’anno scolastico in corso è ormai da ritenere concluso, ma anche il prossimo non si presenta in una luce migliore, ed è del tutto illusorio pensare di risolvere i problemi riproponendo la didattica a distanza anche dal prossimo mese di settembre. Anzitutto perché una cosa è proseguire via internet una relazione che si è impostata in presenza e altra cosa è iniziare la relazione educativa solo attraverso uno schermo: pensiamo soprattutto agli alunni che si troveranno a settembre ad iniziare un ciclo scolastico, a dover – in condizioni normali – mettere piede per la prima volta in una nuova scuola. Sarà loro negata l’esperienza del varcare quella soglia e non sarà facile – nonostante le migliori intenzioni – avviare un rapporto didattico attraverso uno schermo, anche se con la prospettiva di incontrarsi fisicamente dopo qualche mese (perché questa emergenza prima o poi dovrà finire). Sul piano educativo dobbiamo poi fare i conti con il nuovo sguardo con cui ci stiamo rivolgendo al nostro prossimo. Già ora siamo tenuti a mantenere una rigida distanza di sicurezza, tanto più in ambienti in cui la vicinanza relativa è in qualche modo obbligata (supermercati, uffici, luoghi di lavoro). Le mascherine che dobbiamo indossare sono il segno della barriera che ci separa e della precauzione con cui accostiamo ogni altra persona, che può essere un’incolpevole ma pericolosissima fonte di contagio. Il messaggio implicito in tutto ciò è il sospetto verso l’altro, la paura del contatto/contagio, la distanza come valore vitale. Immaginare un’aula scolastica in cui tutti gli alunni indossino una mascherina e mantengano, nei limiti del possibile, una distanza di sicurezza non è tanto una situazione difficile da realizzare per motivi tecnici (cubatura delle aule, disponibilità delle mascherine, ecc.) quanto soprattutto uno scenario educativamente innaturale, addirittura diseducativo nel quadro di un progetto che voglia insegnare prossimità e apertura all’altro.
Ristrutturare la relazione educativa Torniamo allora a interrogarci sulla natura della scuola e proviamo a vedere se sia ancora possibile “fare scuola” con gli stessi criteri del passato. Sembra ormai superato lo schema rigido della vita scolastica scandita soprattutto da precisi ritmi temporali: i giorni, le ore, la campanella, le scadenze di vario genere… Gli insegnanti più intelligenti hanno capito che non si può ridurre la didattica a distanza alla classica routine spiegazione-compiti- verifica; soprattutto con i più piccoli bisogna tenere in vita la relazione personale, rassicurare, accompagnare, potendo contare nei casi migliori sui genitori (improvvisamente scoperti come alleati indispensabili per mandare avanti la didattica) e dovendo sostituirsi ad essi quando mancano, anche solo perché sono al lavoro (magari nella stanza accanto). Si è ristrutturato l’ambiente di apprendimento e deve quindi ristrutturarsi la relazione educativa, che però deve conservare la sua natura di vicinanza (nonostante la distanza) per costruire forme nuove di fiducia e di accompagnamento. È difficile pensare i primi giorni del prossimo anno scolastico, ma dovranno inevitabilmente esserci e dovranno essere giorni di “scuola”, facendo quindi comprendere – anzitutto agli insegnanti, ma anche ai genitori e agli alunni – che cosa sia davvero la scuola, cosa non possa essere eliminato. In questa prospettiva sembra un ostacolo supplementare voler percorrere la strada della soluzione unica su tutto il territorio nazionale. Le scuole non sono tutte uguali, come i territori di questo Paese non sono tutti uguali. Ci sono situazioni locali in cui ci si può e ci si deve assumere la responsabilità di riprendere una vita relativamente normale, riaprendo attività commerciali e ristabilendo contatti cauti ma concreti. Come gli adulti tornano a lavorare (o lo hanno sempre fatto) con qualche precauzione in più, altrettanto le scuole potranno riprendere a funzionare, non solo in modalità on line ma anche in presenza, valutando caso per caso la praticabilità del rientro in aula. I punti di forza della scuola cattolica nell’emergenza Da questo punto di vista le scuole cattoliche (non tutte ma sicuramente alcune) possono avere un punto di forza nelle loro ridotte dimensioni. Le preoccupazioni su cui ragiona il Ministero derivano dal modello di scuola statale, con una media di un migliaio di alunni che si accalcano in aule previste per contatti ravvicinati. Le scuole cattoliche hanno in genere dimensioni dieci volte inferiori e possono assicurare più facilmente, sotto la vigilanza del personale, il rispetto di quelle elementari condizioni di sicurezza che stiamo imparando ad adottare. Potrebbe essere questo un punto di forza delle scuole cattoliche in un momento in cui la criticità della situazione cancella addirittura prospettive di futuro. Bisogna inoltre puntare sulla creatività che le scuole cattoliche hanno sempre saputo dimostrare, per trovare soluzioni originali, turnazioni, gruppi di interesse o di livello, modalità almeno miste di lezione in presenza e a distanza, per tornare al più presto ad assicurare un servizio di cui non si comprende più bene l’essenzialità: se fosse essenziale non lo avremmo interrotto, ma se lo abbiamo dovuto interrompere vuol dire che se ne può anche fare a meno. Se ragioniamo solo in termini di assembramento, le scuole rischiano di fare la fine delle chiese e dei funerali, la cui non essenzialità è stata decretata immediatamente e potrebbe essere difficilmente recuperabile nel tempo. Queste, e molte altre, possono essere le considerazioni con cui cominciare a pensare al futuro dell’educazione. L’educazione ha bisogno di vicinanza, di contatto fisico, di comunità, perché senza questa dimensione sociale l’uomo che pensiamo di educare nelle scuole non è più quello di Aristotele, quindi potrebbe non essere più uomo.

(segnalazione web a cura del Prof. Giuseppe Serrone)



Le iniziative del Salone del Libro per la didattica a distanza

SalTo per la Scuola è un progetto con cui il Salone Internazionale del Libro di Torino vuole provare a stare vicino agli insegnanti e agli studenti in questo periodo così difficile per tutti. Lo fa mettendo in campo alcuni contenuti utili da affiancare alla didattica e costruendo una rete con i progetti e le realtà con cui da anni lavora per promuovere i libri, la lettura e la cultura.
In questi giorni complessi, durante i quali la scuola è chiamata a nuove sfide a distanza, l’universo di SalTo Diventi – lo spazio dedicato alla scuola e alle nuove generazioni sostenuto da Fondazione Compagnia di San Paolo – incontra quindi il mondo di Adotta uno scrittore – il progetto con cui Salone, grazie al contributo dell’Associazione delle Fondazioni di Origine Bancarie del Piemonte con la Fondazione con il Sud, porta gli autori italiani contemporanei nelle scuole e nelle carceri italiane – e la rete di autori della Scuola Holden. L’obiettivo è comune e importantissimo: continuare a coltivare la relazione e lo scambio, preservare quelle piccole comunità che sono le classi. Per riuscirci, occorre mettere in campo tutti gli strumenti possibili.
SalTo per la Scuola è dunque una sezione del sito del Salone in cui, nelle prossime settimane, confluiranno materiali diversi: lezioni, approfondimenti e link utili per i docenti. I materiali sono divisi in tre aree specifiche e una pagina che raccoglie progetti e attività dei partner del Salone.
  1. Le lezioni del Salone
Tra i tantissimi incontri che ogni anno vengono organizzati nei padiglioni del Lingotto, ne sono stati selezionati alcuni che possono essere particolarmente utili in questo momento. Si inizia oggi, giovedì 30 aprile, con una lezione di Alessandro Barbero sul senso della storia e sul perché è importante studiarla. Partendo da Sofocle e Tucidide fino ad arrivare ai giorni nostri. Poi, una lettura di Isabella Ragonese delle poesie di Guido Gozzano, intervallate da alcuni interventi critici dell’italianista Chiara Fenoglio. Isabella Ragonese legge Le due strade, Torino, Alle soglie (la poesia del «cuore monello giocondo che ride pur anco nel pianto») e tre poesie d’argomento amoroso: L’assenza, Cocotte e Un rimorso. Per i più piccoli, poi – e in omaggio al grande scrittore, amico del Salone e dal Salone profondamente amato, recentemente scomparso – verrà riproposto l’incontro con Luis Sepúlveda dedicato alla Gabbianella e il gatto e ad altri racconti per ragazzi. Sarà l’occasione di riscoprire come la vita dell’autore è sempre stata parte integrante delle sue storie. Nel video, insieme a Sepúlveda, la sua amica e traduttrice Ilide Carmignani ed Eros Miari.
  1. Adotta uno scrittore a distanza
Adotta uno scrittore – il progetto con cui Salone del Libro porta gli autori italiani contemporanei nelle scuole e nelle carceri italiane – prosegue a distanza. Diversi autori continuano a tenersi in relazione con i ragazzi delle scuole, incontrandoli via web in diretta o mandando video-lezioni. Tutti i video delle adozioni saranno resi disponibili anche alle classi che non partecipano al progetto. Per iniziare, Marco Malvaldi ha realizzato una lezione in cui spiega i punti di incontro tra matematica e letteratura attraverso la teoria delle reti: dai trasporti per collegare le isole di un arcipelago ai rapporti tra i personaggi nei gialli di Agatha Christie. O ancora, Federico Taddia racconta il suo mestiere di scrittore e rivela come i ragazzi possono essere rivoluzionari, cambiando il mondo un passo alla volta.
  1. Maestri di classici: Holden Classics si trasferisce online
Proseguono anche gli incontri del progetto Holden Classics, rivolto alle scuole superiori e a cura della Scuola Holden. In collaborazione con il Salone, dalla metà di aprile le lezioni saranno online e a disposizione di tutti: l’obiettivo è riuscire ad “addomesticare” alcuni mostri sacri della letteratura con l’aiuto di autori e insegnanti della Holden. Ognuno di loro sceglie un grande classico che ama e, in una video-lezione, racconta agli studenti tutto quel che sa di quel libro, cosa ha trovato di magico e potente in quelle pagine e perché valga la pena leggerlo.
Le video-lezioni sono disponibili sia sul sito della Scuola Holden che sul sito del Salone del Libro. Da oggi, giovedì 30 aprile, sono online le lezioni di Raffaele Riba, che racconta Il giorno della civetta di Sciascia; Emiliano Poddi, con Il sistema periodico di Levi e Annalisa Ambrosio con La Repubblica di Platone. Altri contributi verranno condivisi nelle prossime settimane.
Le nostre segnalazioni
Molti dei partner con cui ogni anno il Salone Internazionale del Libro di Torino costruisce il suo programma stanno lavorando per aiutare i docenti. Su una pagina dedicata del sito verranno quindi raccolti alcuni progetti utili e interessanti. In SalTo per la Scuola troverà posto anche il calendario dei webinar rivolti ai docenti che la Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo organizza con il progetto Riconnessioni dall’inizio dell’emergenza. Alla pagina dedicata www.riconnessioni.it/webinar/ è possibile scoprire programma, materiali e video delle lezioni. La Galleria Riconnessioni, inoltre, è uno spazio collaborativo dove docenti, o gruppi di docenti, possono condividere passo dopo passo la progettazione e la realizzazione di attività didattiche.
Inoltre, saranno messe a disposizione le lezioni che i Piccoli Maestri stanno organizzando per aiutare i docenti col programma di letteratura italiana così come giochi di ludolinguistica sul web promossi dai Comix Games. Per i ragazzi delle scuole medie ed elementari, ancora, il Crucivirus, curato da Xkè? Il laboratorio della curiosità: tutti i giorni giochi e indizi scientifici per spiegare il virus e le sue conseguenze sulla nostra vita quotidiana ai più giovani.
La raccolta di tutti questi contenuti sarà disponibile sulla sezione di SalTo per la Scuola alla pagina “Le nostre segnalazioni”.
Un invito alle scuole primarie a partecipare alla giuria del Silent Book Contest Junior
Il premio Silent Book Contest 2020 – Gianni De Conno Award, il primo concorso internazionale dedicato ai libri senza parole – promosso da Carthusia, Il Salone del Libro, Bologna Children’s Book Fair, il Comune di Mulazzo e l’Associazione Montereggio Paese dei Librai, IOB International Organization of Book Towns, il Centro per il libro e la lettura e IBBY Italia e per questa edizione da BPER Banca – apre una nuova sezione Junior. Accanto alla Giuria Internazionale ci sarà infatti una giuria di bambini. Il Salone invita le classi terze e quarte della scuola primaria a candidarsi come giurati. Gli alunni delle classi selezionate visioneranno on-line i 12 libri finalisti del SBC 2020 e decreteranno il loro Silent Book vincitore, che sarà annunciato al prossimo Salone e pubblicato da Carthusia.
Il 4 maggio inaugurerà inoltre la Mostra Virtuale dei 12 finalisti SBC 2020 visibile anche sul sito del Salone Internazionale del Libro di Torino e su quello della Bologna Childrenʼs Book Fair – Special Edition che si apre proprio il 4 maggio.
Contenuti in continuo aggiornamento
Le varie sezioni di SalTo per la Scuola saranno aggiornate ogni settimana, con nuovi contenuti e rinnovati progetti, per rimanere costantemente in contatto con studenti, docenti e il suo pubblico in generale.
Per Le lezioni del Salone saranno resi disponibili altri contenuti rivisitati e lezioni realizzate ad hoc: da Nanni Moretti e Margherita Buy che leggono Natalia Ginzburg a Piergiorgio Odifreddi che racconta il contributo del mondo arabo per la matematica, passando per Ezio Mauro che parla della Rivoluzione d’Ottobre e il 1946 raccontato da Giovanni De Luna, fino ad arrivare alla lezione di Amitav Ghosh sui cambiamenti climatici e alla lectio di Riccardo Falcinelli sulla storia delle copertine dei libri.
Per Adotta uno scrittore, arriveranno ulteriori contributi video grazie alla generosità di, tra i tanti, Andrea Vico, Espérance Hakuzwimana Ripanti, Alessia Gazzola, Mauro Covacich, Mario Calabresi, Paola Caridi, Manlio Castagna, Gherardo Colombo.
Nella sezione Maestri di classici saranno condivise altre video-lezioni, tra le quali: Eleonora Sottili con Frankenstein; Federica Manzon con Il barone rampante; Alessio Romano con Una questione privata; Alessandro Mari con Le confessioni di un italiano e l’Orlando furioso; Martino Gozzi con Il giovane Holden; Michela Monferrini con L’isola di Arturo; Paolo Di Paolo con Il fu Mattia Pascal e Domitilla Pirro e Francesco Gallo con una lezione su Gianni Rodari.
La sezione SalTo per la Scuola è disponibile da oggi, giovedì 30 aprile, al link: www.salonelibro.it/ita/news/salto-per-la-scuola.html
afnews.info
(segnalazione web a cura del Prof. Giuseppe Serrone)